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24/07/2019

economia

L'equity europeo può ancora crescere

Doyle (Columbia Threadneedle): la situazione tra Cina e Stati Uniti ha alimentato le incertezze, le quotazioni azionarie potrebbero beneficiare più del previsto dell'aumento delle aspettative sugli utili societari

La corsa dei mercati nei primi tre mesi del 2019 ha rappresentato un'inversione di tendenza rispetto agli sviluppi osservati alla fine dello scorso anno. La riunione di marzo del Federal Open Market Committee (FOMC) statunitense ha confermato il mutato orientamento della Fed, non più impegnata a impedire lo sforamento del target d'inflazione bensì a contrastarne l'eccessivo calo a seguito della crisi finanziaria globale. La minaccia discussa lo scorso ottobre (il potenziale inasprimento della politica monetaria da parte della Fed malgrado l'incombere di una recessione) non rientra più nei possibili scenari per il resto dell'anno, uno sviluppo incoraggiante per tutti i mercati azionari, compreso quello europeo.
La recente inversione della curva dei rendimenti statunitense ha dato adito a timori di una prossima recessione, ma data l'assenza di altri segnali in tal senso, il fenomeno potrebbe essere semplicemente indicativo di bassi livelli d'inflazione. Inoltre, l'indice dei responsabili degli acquisti (PMI) e l'erogazione di credito cinesi hanno entrambi registrato un rialzo, e le vendite al dettaglio sono migliorate nell'intera regione asiatica.

Anche in Europa si sono riscontrati miglioramenti: i dati sulle componenti degli indici PMI relative ai servizi e sulle vendite al dettaglio hanno evidenziato progressi.
È vero che alcuni indicatori economici suggeriscono cautela. In particolare, il commercio globale va contraendosi, un trend che sembra destinato a protrarsi a causa delle relazioni tese tra Stati Uniti e Cina e dell'imposizione di tariffe da parte di entrambi i paesi. L'aggravarsi delle tensioni ha causato una correzione dei mercati azionari globali il 14 maggio, data in cui Pechino ha annunciato l'introduzione di dazi in reazione alle misure varate dal presidente Trump.
Dati gli effetti ritardati di un inasprimento monetario, gli indicatori anticipatori dell'OCSE restano negativi, così come anche i PMI manifatturieri di tre delle quattro maggiori economie mondiali (Stati Uniti, Cina, Giappone e Germania). In ogni caso, i principali indicatori relativi a rendimenti obbligazionari a lungo termine, differenziali di rendimento delle emissioni societarie, prezzi del greggio e forza del dollaro USA non sono tali da destare eccessivo allarme. I rendimenti obbligazionari sono troppo bassi per frenare l'economia, e le quotazioni del greggio a 70 dollari al barile si aggirano intorno alle medie decennali.

Non ci troviamo in una fase analoga a quella attraversata nel 2008, quando sia il petrolio che il dollaro USA subirono un'impennata. Si tratta semplicemente di un rallentamento temporaneo, a cui farà probabilmente seguito un nuovo irripidimento.

Banche europee e tecnologia statunitense

Quali sono le implicazioni di tutto questo per le azioni europee? La performance dei listini europei rispetto agli omologhi statunitensi dipende spesso dall'evoluzione del cambio EUR/USD. In Europa la crescita relativa degli utili rispetto agli Stati Uniti riflette il vigore sottostante delle sue economie, come mostrano gli indici PMI.
L'espansione degli utili e i PMI hanno smesso di scendere su base relativa, ragione per la quale l'Europa sembra per ora versare in condizioni migliori. Malgrado il recente aumento, negli USA la sensibilità delle azioni alle fluttuazioni congiunturali resta molto più bassa che in Europa, la quale dovrebbe pertanto beneficiare dell'accelerazione della crescita globale. Il problema dell'Europa sono le ampie dimensioni del settore bancario e le enormi sfide che quest'ultimo si trova ad affrontare.


La crescita dei prestiti è anemica, le banche soffrono di carenza di capitali e il settore è frammentato, soprattutto nel confronto con gli Stati Uniti. Perché l'Europa possa sovraperformare è necessario che le banche europee sovraperformino il settore tecnologico statunitense. Gli investitori devono scegliere tra tre grandi banche europee (Santander, BNP e ING) e tre grandi società tecnologiche statunitensi (Apple, Microsoft e Alphabet/Google). In Europa, il settore bancario è il secondo per dimensioni (in tempi ancora recenti era il primo), mentre negli Stati Uniti il settore tecnologico è il primo, con ampio margine di vantaggio. Le quotazioni delle banche europee potrebbero recuperare terreno, ma qualsiasi sovraperformance avrà vita breve a causa dei tassi d'interesse negativi, della dipendenza dai finanziamenti della BCE, della severa regolamentazione e dalla frammentazione del settore.

L'Europa sulle orme del Giappone?

Gli utili del settore finanziario giapponese raggiunsero i massimi nel 1990 e sono ora pari alla metà di tale livello. Lo scoppio di una bolla del credito scoraggia i prenditori dall'accendere prestiti, un'attività fondamentale per il sistema bancario.


Gli utili delle banche dipendono dalla leva finanziaria (l'ammontare di capitale proprio necessario a coprire i portafogli prestiti), dalla regolamentazione e dai margini d'interesse netti, tutti ambiti in cui le banche europee sono alle prese con enormi ostacoli. Un inasprimento normativo potrebbe creare problemi anche per il settore tecnologico statunitense, ma al momento sono le banche europee a soffrire. Un eventuale irripidimento della curva dei rendimenti (causato dall'aumento delle aspettative di inflazione) nella seconda metà di quest'anno non potrebbe spingere al rialzo le quotazioni dei titoli finanziari europei (e delle azioni cicliche)? Attualmente le valutazioni delle banche europee, calcolate in base al P/E relativo, sono prossime ai minimi dalla crisi finanziaria. La quota dei prestiti italiani in sofferenza in percentuale dei prestiti complessivi sta rapidamente diminuendo. Le banche italiane stanno risanando i bilanci, oppure sono oggetto di acquisizioni. La Spagna ha cominciato prima, ma l'iter è simile. Si prevede un'ulteriore fase di miglioramenti. Il settore assicurativo ha intanto sovraperformato in un contesto di rendimenti obbligazionari in calo e le valutazioni appaiono ora relativamente elevate.



La domanda interna europea dovrebbe al contempo essere favorita da una politica fiscale più accomodante, che dovrebbe contribuire per lo 0,6% al PIL e far scendere i rendimenti obbligazionari, uno sviluppo quest'ultimo di cui dovrebbe in particolare giovarsi l'Italia. L'impennata dei rendimenti italiani osservata lo scorso anno è imputabile all'elezione di un governo populista dalla retorica incendiaria, che ha fatto precipitare il Paese nella recessione. Ora che i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono scesi di 100 punti base rispetto ai massimi, l'allentamento delle condizioni finanziarie dovrebbe favorire la ripresa economica.

I mercati continueranno a salire?

Quasi tutti gli elementi responsabili della correzione di fine 2018 hanno invertito rotta: il rafforzamento del dollaro e il rallentamento dell'economia statunitense sfociato nello shutdown del governo federale hanno ceduto il passo a sviluppi di segno opposto. I rendimenti dei Treasury USA decennali sono scesi dal 3,2% di ottobre 2018 all'attuale 2,5%. La Fed ha posto fine all'inasprimento. Tuttavia, l'aggravarsi delle frizioni commerciali tra Stati Uniti e Cina creano un clima di incertezza e ostacoli alla crescita globale.


L'Europa beneficia dell'accelerazione della crescita globale, ma soffre nella stessa misura quando la crescita rallenta o subisce una contrazione. Se le tensioni commerciali non comprometteranno la crescita globale, le revisioni degli utili societari invertiranno rotta mostrando un miglioramento. Gli utili superiori alle aspettative potrebbero spingere al rialzo le azioni anche dopo il recupero del 20% rispetto ai minimi di dicembre. Nel 2016, i mercati azionari cominciarono a salire a febbraio sebbene le revisioni degli utili sarebbero rimaste negative durante l'intero anno. I mercati possono continuare a segnare progressi anche quando l'espansione degli utili si interrompe. Se gli utili riprendono a salire, il rally può continuare. Molti si aspettano che l'indice S&P 500 raggiunga un picco di 3000 punti al termine del ciclo economico. Il rally dell'indice S&P 500 può risentire delle tensioni commerciali nel breve periodo, ma le prospettive a lungo termine sono ottime.

Paul Doyle, Responsabile azionario per l'Europa di Columbia Threadneedle Investments


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