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22/01/2020

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Le PMI in salute possono uscire dal credit crunch

Pediroda (modefinance): le nuove tecnologie consentono delle modalità di finanziamento e accesso al credito grazie a un Rating certificato e accessibile in termini di tempistiche e costi

In linea generale, per le PMI italiane, l'accesso al credito è ancora una chimera: il credit crunch si conferma come il principale problema reale per le imprese e questo è, purtroppo, certificato dai numeri: a giugno di quest'anno, i prestiti bancari alle imprese non finanziarie hanno registrato un -6,4% sull'anno precedente, ovvero 45 miliardi di crediti in meno in 12 mesi (analisi dell'osservatorio Credito Confesercenti su dati Banca d'Italia).
L'immutata tendenza negativa di flussi alle imprese ha caratterizzato in maniera stabile il periodo novembre 2011-giugno 2019 e, adesso, si manifesta con modalità che rendono ancora più rigido l'accesso al credito per le attività di minori dimensioni. Tra i comparti, l'emorragia più forte la registrano le imprese del commercio e del turismo (-10 miliardi). A dare la misura della gravità della crisi l'andamento dei finanziamenti a breve, utili alla liquidità, (-9% in 12 mesi), e quelli a cinque anni - per gli investimenti - che calano del 7%.
Secondo un recente rapporto di Unimpresa, in Italia, nel 2018, i prestiti alle PMI si sono ridotti del 5% rispetto all'anno precedente.

La restrizione del credito bancario ha colpito con forza i 141 distretti industriali presenti nel territorio italiano che costituiscono circa un quarto del sistema produttivo del nostro Paese. Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017, i finanziamenti alle imprese dei distretti italiani si sono ridotti complessivamente di 57 miliardi.

Le PMI nel dettaglio

Partendo da questo scenario modefinance, la prima agenzia di rating FinTech in Europa (certificata CRA e ECAI da ESMA nel 2015), ha condotto un'analisi su un campione di 49.574 imprese (che al 30 novembre 2019 avevano depositato i bilanci dell'anno precedente), per valutare lo stato dell'arte economico-finanziario delle principali PMI italiane e fare una serie di ragionamenti su come poter agevolare il loro accesso al credito per finanziare la crescita.
Le PMI sono state individuate secondo i criteri di classificazione della CE:
- Piccola impresa = tra 10 e 49 dipendenti e sotto i 10mln di fatturato (oppure sotto i 10mln di totale attivo);
- Media impresa = tra 50 e 249 dipendenti e sotto i 50mln di fatturato (oppure sotto i 43mln di totale attivo).


L'analisi mostra un generale e continuo miglioramento dei conti economici delle PMI, con una valutazione di investment grade, e si attestano attorno a un Rating mediano BB per il 2018, dimostrandosi equilibrate sia a livello di bilanci sia di eventuale capitalizzazione.
In generale, il fatturato mediano mostra una crescita del 16% da 3.18k euro nel 2015 a 3.70k euro nel 2018.
La distribuzione del fatturato vede una netta crescita delle piccole e medie imprese a discapito delle micro (si può stimare un passaggio di molte attività da micro a piccola impresa).
Analizzando più a fondo i dati, notiamo che il leverage mediano - l'indice di indebitamento, che rappresenta il totale delle passività rispetto al patrimonio netto - passa dal 3.59 al 2.98. Questa diminuzione delle imprese dalla dipendenza dall'indebitamento, cioè dal ricorso a capitale di terzi, è un segnale positivo.
Il leverage finanziario mediano passa dallo 0.97 allo 0.80, e anche questo è un dato positivo, poiché rappresenta un dato sulla riduzione all'indebitamento finanziario, quindi una diminuzione del ricorso al debito bancario.



La distribuzione del leverage mostra come la maggior parte delle imprese si attesta a un livello equilibrato, con valori che, tra 0 e 2, toccano il 40% mentre sopra il 5 si abbassano a poco più del 30%.
Per quanto riguarda il ROE mediano - la misura della redditività del capitale proprio - si nota una leggera diminuzione rispetto al 2017 (11.08% contro 11.45%), che si fa decisamente più importante se raffrontata al 2015 (9.42%), con una distribuzione sopra il 10% che scavalca il 50% delle imprese.
Il ROCE mediano - l'indice che misura la redditività degli investimenti e, quindi, quanto una società sia in grado di rendere profittevole l'investimento effettuato - rimane stabile.
La distribuzione tra aziende in utile e aziende in perdita mostra una significativa diminuzione: nel 2015 erano oltre 5.700, nel 2018 si aggirano attorno alle 4.200 (con un andamento previsto di aziende in utile 2018 stabile attorno alle 38.000).
Tutto ciò concorre alla crescita, lenta ma costante, del Rating: l'andamento è quasi impercettibile, ma sta spostando le valutazioni in direzione sempre più positiva (al raggiungimento previsto della classe BBB).



I dati della distribuzione in classi di rating aggregato mostrano bene come la valutazione (e la salute) delle PMI si stia spostando verso l'investment grade: se nel 2015 la maggior parte delle imprese si trovava nella parte centrale della scala, nel 2018 si nota uno spostamento verso le classi più positive (nonostante la mancanza di un quantitativo importante di dati di bilancio depositati pubblicamente).
Quanto premesso suggerisce la presenza crescente di PMI, spesso ex microimprese, che dimostrano un potenziale di crescita notevole, ma non sfruttato pienamente, che potrebbero beneficiare dall'ottenimento di un Rating certificato (emesso da parte di CRA ed ECAI) al fine di assicurarsi condizioni più favorevoli per l'accesso al capitale di debito tradizionale o di finanza alternativa (factoring, invoice trading, private equity, crowdfunding, mini-bond).
La normativa Basilea III prevede, inoltre, che una banca, per emettere un finanziamento a una azienda priva di rating, debba accantonare il 100% dell'importo stesso a riserva di capitale; se, invece, il finanziamento viene erogato a una società con un rating ufficiale questo non è necessario.


È evidente, quindi, come questo nuovo strumento risponda in modo efficace a una palese esigenza di sostegno alle imprese di piccole dimensioni nel mercato europeo e ancor di più in quello italiano: per un istituto finanziario poter avere a disposizione un rating così innovativo, immediato e democratico per la valutazione del rischio di credito di una PMI rappresenta una svolta importante che potrebbe agevolare la riapertura delle linee di credito a favore delle imprese di più piccola dimensione maggiormente virtuose.
Secondo Valentino Pediroda, AD di modefinance, "La buona salute, con equilibrio e moderato ottimismo dei numeri, non trova sponda nelle difficoltà di accesso al credito da parte delle PMI. Se da un lato il Fintech sta crescendo molto come alternativa alle fonti tradizionali, dall'altro il freno generale dell'economia reale non favorisce una ripresa piena e totale della circolazione di capitali.
C'è ancora molta strada da fare, soprattutto per quelle PMI che hanno tutte le carte in regola per crescere bene, ma non ne sono pienamente coscienti. Tra le opportunità che le nuove tecnologie hanno aperto alle imprese, una delle più evidenti è data dall'ampliamento delle modalità di finanziamento e accesso al credito grazie a un Rating certificato e accessibile in termini di tempistiche e costi".



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