Il segreto della Barbera: un tesoro piemontese riscoperto - Vinitor Sapiens
Borio (Cascina Castlèt): l'evoluzione dell'eccellenza vinicola piemontese e la valorizzazione delle tradizioni
Cascina Castlèt a Costigliole d'Asti, nel cuore della Barbera, è il comune italiano con la percentuale di superficie coltivata a vigna maggiore in tutto il Piemonte. Una storia per i veri amanti del vino e del patrimonio culturale che sta intorno. Siamo nel sud del Piemonte, e la sua ambasciatrice è Mariuccia Borio, energica e sensibile imprenditrice legata alla tradizione e alla storia di questo incantevole territorio. Nel 1970 entra in azienda, ereditando dal padre 5 ettari, 1/4 delle vigne della proprietà allora divisa tra 4 fratelli. Con il tempo riacquista le quote dagli zii e cugini fino a divenirne la titolare esclusiva e, con essa, dar corso alla nascita di Cantina Castlèt e ai vini che in pochi anni scrivono una pagina importante dell'enologia italiana. La proprietà, si è detto, conta oggi 32 ettari, compresi tra 280 e 300 mt slm.

Una peculiarità è il terreno: Cascina Castlèt si trova al 45° parallelo, con un microclima perfetto per la coltivazione della vite anche per la composizione del terreno. Tra 5 e 2 milioni di anni fa infatti in questa zona c'era il mare, che ha inciso sulle tipologie di terreni, marne calcaree adatte alla coltivazione della vite. La produzione si attesta sulle 250mila bottiglie l'anno, di cui il 70-80% viene esportato principalmente nel Nord Europa, Svizzera, Canada, Stati Uniti e paesi Asiatici.
"In Italia distribuiamo attraverso il canale horeca, ristoranti ed enoteche molto selezionate" ci spiega Mariuccia. Il doppio sguardo che caratterizza la visione della titolare trova conferma nelle strutture per la produzione e invecchiamento del vino. "L'affinamento dei vini avviene in due locali: la vecchia cantina, situata nella parte aziendale più storica, è interrata e all'interno sono presenti le grandi botti in rovere da 34 ettolitri" ci racconta. "Gli antichi muri di pietra della Cascina proteggono i vini che si affinano in silenzio e penombra nelle botti grandi, scure e tradizionali. Questa cantina è condizionata naturalmente (come temperatura e umidità, ndr) grazie alla sua posizione sotterranea.
Dall'altra parte del cortile, è stata edificata recentemente una nuova struttura che rappresenta l'altra anima del vino: il nuovo locale di affinamento, dove sono presenti barrique (225 litri) e tonneaux (500 litri). Qui il vino viene cullato e invecchiato in moderne barrique, giovani e capaci di eleganza" ci spiega.

Passando alle etichette più significative, la selezione è impegnativa. Da sempre i Borio coltivano vitigni autoctoni, pensiamo al Barbera, Moscato, Uvalino, Nebbiolo, ma negli anni hanno scommesso anche su Cabernet Sauvignon e Chardonnay.
Nascono così i vini Cascina Castlèt, etichette quali Passum, Policalpo, Avié, Litina, Goj, Ataj e Uceline.
Ogni nome racchiude una storia, un racconto, un piccolo aneddoto della famiglia e del territorio. "Non posso non partire dall'Uvalino, un vitigno ormai dimenticato. Quasi nessuno più ricorda di quando per i monferrini una bottiglia di Uvalino era un orgoglio, un vino di lusso da regalare per fare bella figura, con il podestà, il prete, il farmacista". Le famiglie più abbienti lo bevevano passito, come segno di distinzione, come uno status symbol. Un vino quasi scomparso, che fino alla metà del Novecento era prodotto da tutte le cantine della zona di Costigliole d'Asti: non esisteva cantina per quanto piccola che non producesse Uvalino.
Che cosa è successo, poi?
"Cascina Castlèt ha sempre avuto nella memoria, e nel cuore, questo vitigno. Da qualche anno abbiamo deciso di credere fino in fondo, e di finanziare la ricerca universitaria per custodire e tramandare la coltivazione di Uvalino sulle colline di Costigliole".
Più nello specifico, Aviè il Moscato bianco di Cascina Castlèt un vino prezioso, ricercato. "Aviè viene dalla lingua dei saggi e significa veglia: le sere d'inverno di tanti anni fa, dove le famiglie si trovavano al caldo per parlare, raccontarsi storie, scacciare via le preoccupazioni" ci erudisce Mariuccia? E ancora, Passum, la Barbera, l'uva rossa autoctona più tipica del Piemonte, fatta come si faceva anni fa, con un lieve appassimento delle uve prima della vinificazione. "E' un vino che viene dal passato ma che guarda fiero al futuro: è il vino di punta dell'azienda" chiosa. Uceline, espressione della volontà e della tenacia messe nella riscoperta dell'Uvalino, varietà autoctona piemontese quasi scomparsa e dimenticata. Cascina Castlèt ha creduto in questo vitigno, dalla maturazione molto lenta e la vendemmia tardiva, che gli procurava diverse imbeccate di uccellini .
"Si tratta di un vino le cui uve hanno bisogno di una vinificazione attenta e delicata, con un primo periodo di appassimento, una lunga fermentazione e un riposo in bottiglia di almeno un anno" aggiunge. Ataj, vino Chardonnay fresco e profumato, da consumarsi giovane. Giallo paglierino con riflessi verdolini, come un paesaggio di primavera. "Anche il profumo richiama i pomeriggi assolati di maggio, con sentori fruttati e floreali intensi e persistenti. In bocca Ataj è gradevolmente acido, asciutto e strutturato, insieme delicato ma elegante".
Infine la Barbera Vespa, il vino di famiglia per Cascina Castlèt, il vino dei ricordi .
Non a caso in etichetta c'è una foto di famiglia sull'iconica Vespa: una foto di bambine che giocano, guardano al futuro e intanto si godono quanto di bello e sereno la campagna può donare. Bambine cresciute tra i filari di Barbera, vitigno cardine per il Piemonte, che in queste terre dà vita a un vino rosso rubino intenso e brillante, un vino insieme corposo e fresco, dal profumo di frutta fresca e dal palato aromatico. "Un vino che è un inno alla famiglia, alla Cascina Castlèt, alla spensieratezza, alla gioia e alla convivialità" ricorda. Litina, la vigna che portò in dote zia Litina (vezzeggiativo di Margherita, ndr). Solida e concreta, come lei, a cui questo vino è dedicato.

Un vino vigoroso, che dà ottimi frutti anno dopo anno. Un vino dedicato alle donne della famiglia. "Litina matura in botti di rovere per otto mesi, e poi riposa in bottiglia per oltre un anno: è un vino da consumare dopo un buon invecchiamento, che ne accentua l'eleganza naturale. Il colore è un rosso rubino intenso con venature granato; il bouquet è intenso e persistente, con sentori dolci di frutti di bosco e vaniglia. Al bicchiere si sente una buona vinosità e un buon corpo, che lo rendono un vino caldo e morbido" chiosa. Altro vanto è certamente la cura con la quale sono pensate e realizzate le etichette, per oltre 40 anni realizzate dal maestro Giacomo Bersanetti, designer autore di alcune delle etichette più iconiche del vino italiano ed inventore della serigrafia sulle bottiglie.
"Mi lega a Giacomo il ricordo di tanti momenti di confronto sui nostri vini, la nostra storia e il desiderio di far emergere anche dall'etichetta il patrimonio umano e culturale di Cascina Castlèt. Abbiamo presentato lo stand al Vinitaly con una linea pensata e disegnata da lui" ricorda con un umanissimo momento di commozione sincera.
Guardando al futuro (mercoledì 27 agosto ha avuto inizio la vendemmia che, scaramanticamente, si presenta molto molto interessante, ndr) Mariuccia ha le idee ben chiare: "Vogliamo proseguire con la solidità e la forza della tradizione, con i piedi ben piantati per terra. Restare legati a questo territorio e farci conoscere come espressione autentica della migliore viticultura in Italia". Cosa resta di questa conversazione? Certamente un'espressione dell'autenticità della cultura contadina ed enologica astigiana, la forza dei ricordi di un mondo che si è trasformato ma che, grazie alla voce e al lavoro di una donna, trova un suo senso autorevole in un mondo dominato dal consumo e dalla velocità.
Federico Unnia
Aures Strategie e politiche di comunicazione