Mancano le competenze, rallenta l'industria: la sfida cruciale di AI e demografia in Italia
Renato Martire (Anie Confindustria): l'Italia si trova a un bivio decisivo per la sua crescita industriale, tra transizione ecologica e digitale
L'industria italiana sta affrontando un momento cruciale, divisa tra le necessità della transizione ecologica e di quella digitale. Un recente studio, realizzato da The European House - Ambrosetti con ANIE Confindustria e il contributo del Research Department di Intesa Sanpaolo, mette in luce come la disponibilità di competenze adeguate sia fondamentale per mantenere la competitività. L'analisi approfondisce i fattori strutturali e strategici che possono accelerare o frenare questo percorso, concentrandosi su capitale umano, Intelligenza Artificiale (AI), formazione e lo squilibrio demografico.

La rapida evoluzione verso la digitalizzazione, la decarbonizzazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici sta ridefinendo il mercato del lavoro globale. Tra il 2025 e il 2030, questi mega-trend creeranno 18,5 milioni di nuovi posti di lavoro a livello mondiale, ma al contempo vedranno la scomparsa di molte professioni tradizionali. In Italia, nel 2023, ben il 77% delle nuove assunzioni nei settori elettrotecnico ed elettronico ha richiesto specifiche competenze "green", un dato significativamente superiore alla media nazionale del 35%. Un rapporto di LinkedIn evidenzia un divario crescente: tra il 2018 e il 2023, le offerte di lavoro che richiedono competenze ecologiche sono aumentate del 9,2% annuo, mentre la crescita dei lavoratori con tali abilità si è fermata al 5,4%.
Nonostante l'urgenza di questa trasformazione, l'Italia mostra un ritardo significativo sul fronte delle competenze digitali. Solo il 49% degli italiani possiede abilità digitali di base, a fronte di una media OCSE del 71%. La situazione è critica anche per le discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), con appena 18,5 laureati ogni 1.000 giovani tra i 20 e i 29 anni, contro una media UE di 19,9%, 35,3% in Francia e 40,1% in Irlanda. La formazione continua rappresenta un'altra debolezza: nel 2022, solo il 10% della popolazione in età lavorativa ha partecipato a percorsi di aggiornamento professionale, ben al di sotto della media UE del 13% e della Svezia, che raggiunge il 35%.
La carenza di personale qualificato si traduce in un freno concreto per l'industria. Un'indagine condotta da TEHA Group e dal Servizio Studi di ANIE su un campione di aziende associate rivela che il 75% delle imprese lamenta una significativa difficoltà nel reperire competenze tecniche e specialistiche. Questa problematica è particolarmente acuta per tecnici e operai specializzati, figure che nel 2023 hanno rappresentato l'85% delle assunzioni previste. Le conseguenze sono dirette e pesanti: il 69% delle imprese ha dovuto rallentare o sospendere progetti strategici, mentre il 29% ha perso opportunità di mercato. Inoltre, il 64% delle aziende teme una crescente difficoltà nel trattenere i talenti in futuro. Il fenomeno è strutturale, con la difficoltà di reperimento di posizioni passata dal 37% al 58% tra il 2017 e il 2023.
In questo contesto, la formazione terziaria professionalizzante, come quella offerta dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS), emerge come un pilastro strategico per l'innovazione e la sostenibilità. Gli ITS si dimostrano efficaci nel ridurre il divario tra domanda e offerta di competenze, specialmente nei settori manifatturieri ad alto valore aggiunto. Con un tasso di occupazione dei diplomati dell'84% nel 2023 e un aumento annuo delle iscrizioni del 38,1%, mostrano risultati incoraggianti. Tuttavia, la loro diffusione rimane limitata: gli iscritti ai percorsi ITS rappresentano solo l'1% del totale degli iscritti alla formazione terziaria in Italia, una percentuale nettamente inferiore rispetto al 40% della Germania, al 29% della Francia e al 27% della Spagna. A limitare il potenziale di questo sistema sono la scarsa integrazione con il sistema educativo tradizionale, la poca visibilità tra studenti e famiglie e la mancanza di coordinamento con altri canali di alta formazione.
L'Intelligenza Artificiale Generativa non è solo una tecnologia emergente, ma un potente acceleratore di produttività e un catalizzatore per la trasformazione delle competenze. Lungi dal sostituire l'uomo, l'AI è destinata a liberare tempo, riorganizzare il lavoro e richiedere nuovi profili professionali capaci di gestire e interagire con essa. Secondo il modello TEHA, un'ampia adozione dell'AI generativa potrebbe liberare fino a 5,7 miliardi di ore di lavoro all'anno, mantenendo invariato il valore aggiunto. Allo stesso tempo, potrebbe generare fino a 312 miliardi di euro di valore aggiunto annuo, una cifra paragonabile al PIL della Lombardia. Nonostante questo impatto potenziale, l'81% delle aziende ANIE non teme una perdita di posti di lavoro, ma riconosce che le modalità di lavoro cambieranno profondamente, rendendo l'interazione con l'AI una competenza trasversale essenziale.
Oltre alle sfide tecnologiche, l'Italia deve affrontare una dinamica demografica allarmante. Il calo delle nascite e l'invecchiamento della popolazione stanno riducendo rapidamente la forza lavoro, con gravi impatti su competitività e innovazione. Entro il 2050, la popolazione italiana in età lavorativa (15-64 anni) subirà una diminuzione del 20,5%, il dato peggiore nell'UE. Uno scenario elaborato da TEHA Group ipotizza che, se il trend attuale dovesse continuare, l'ultima nascita in Italia potrebbe avvenire nel 2225 e la popolazione potrebbe estinguersi entro il 2307. Questi dati sottolineano l'urgenza di investire in soluzioni tecnologiche che aumentino la produttività e l'efficienza dei processi, e di valorizzare le competenze dei lavoratori attraverso la formazione continua.
Per affrontare il divario di competenze, ANIE propone un piano d'azione strutturato su più livelli, frutto di confronti diretti con le aziende del settore. Le priorità includono: valorizzare le professioni tecniche e industriali attraverso campagne nazionali; promuovere percorsi formativi integrati (come ITS, IFTS e università) focalizzati sulle tecnologie abilitanti le transizioni green e digitale; e attivare tavoli di confronto multi-stakeholder per definire standard formativi aggiornati. È fondamentale, inoltre, adottare un approccio di filiera alla formazione, incentivando l'aggiornamento e la riqualificazione delle competenze lungo le catene del valore, con il supporto di "formatori di filiera" dedicati soprattutto alle PMI. Infine, ANIE sottolinea l'importanza di stringere partnership internazionali per attrarre e formare talenti, anche tramite hub esteri dedicati.
«Il capitale umano non è solo un fattore produttivo: è la vera infrastruttura strategica del nostro futuro industriale», ha affermato Renato Martire, Vicepresidente di Anie Confindustria con delega a Innovazione e Education. «In un contesto di transizione accelerata, il mismatch tra domanda e offerta di competenze rischia di diventare un freno alla crescita. È fondamentale rafforzare l'orientamento tecnico, investire nella formazione continua e valorizzare gli ITS. Senza persone preparate, non ci sarà innovazione né sostenibilità. L'industria italiana dispone del potenziale per guidare la trasformazione tecnologica e sostenibile. Tuttavia, senza una strategia nazionale per le competenze, questo potenziale rischia di restare inespresso. È necessario, pertanto, un patto formativo tra imprese, istituzioni e sistema educativo poiché solo così si potranno affrontare le sfide del futuro. Le competenze non sono un accessorio: sono l'asse portante della competitività industriale italiana».