AI: crescita senza occupazione?
Artaz (LFDE): il calo più marcato delle offerte di lavoro interessa le mansioni entry-level nei settori più esposti all'AI, ma con un forte aumento della produttività
Con una revisione al rialzo nel secondo trimestre della crescita del PIL al 3,8% su base annua, grazie in particolare a un contributo dei consumi superiore alle attese, l'economia statunitense sembra essere sulla buona strada. È pur vero che la crescita complessiva dell'1,6% soltanto su base annua nel primo semestre del 2025 è nettamente al di sotto del livello cui ci avevano abituato gli Stati Uniti negli ultimi anni, anche se non è affatto aberrante rispetto agli standard storici. Eppure, nonostante questa crescita resiliente il mercato del lavoro è fermo. Negli ultimi mesi la creazione di posti di lavoro si è rivelata appena positiva, addirittura negativa se si considerano i settori privati sensibili al ciclo economico. Il tasso di disoccupazione sta però aumentando poco per via, soprattutto, delle molte persone che lasciano la forza lavoro senza iscriversi alla disoccupazione. E se, in questa fase, i licenziamenti non accelerano, il personale delle aziende è comunque sotto pressione tra l'assenza di nuove assunzioni e la mancata sostituzione delle fuoriuscite.

Il boom dell'Intelligenza Artificiale fornisce alcune risposte a questa incoerenza apparente, sulla resilienza innanzitutto della crescita americana. Gli investimenti in attrezzature informatiche hanno infatti rappresentato il 70% del volume degli investimenti totali realizzati negli Stati Uniti nel primo semestre del 2025 e costituito il 50% circa della crescita del PIL reale. Da soli, hanno simbolicamente contribuito quasi quanto i consumi privati, che sono il motore principale dell'economia americana. In altre parole, senza gli investimenti informatici essenzialmente orientati verso l'AI, l'economia americana sarebbe stata vicina alla stagnazione negli ultimi due trimestri.
Questo fenomeno è coerente con un mercato del lavoro asfittico, tanto più che l'AI vi partecipa direttamente. Secondo un recente studio dell'Università di Stanford, l'adozione dell'AI ha infatti pesantemente rallentato l'assunzione di neolaureati nei settori e nei posti di lavoro maggiormente esposti a una sostituzione con l'AI. In questi settori, l'occupazione dei giovani tra i 22 e i 25 anni è diminuita del 13% rispetto a quelli meno esposti dalla fine del 2022. Il dato è particolarmente evidente tra gli sviluppatori di software e nelle attività di assistenza ai clienti, mentre non vi sono flessioni nel caso dei lavori, come quello degli assistenti sanitari, non minacciati dall'AI.
Lo studio conferma le affermazioni di alcune aziende che preferiscono addestrare un modello di Gen-AI piuttosto che formare un junior, ma evidenzia soprattutto i dati sul lavoro giovanile tratti dagli ultimi report ufficiali sull'occupazione negli Stati Uniti. Mentre il tasso di disoccupazione nazionale è passato modestamente dal 4,1% alla fine del 2024 al 4,3% nel mese di agosto, quello dei giovani è balzato - nello stesso periodo - dall'8,4% al 10%. Certo, l'incertezza legata al contesto economico, e in particolare alla politica commerciale americana, condiziona indubbiamente la propensione ad assumere da parte delle aziende. Ma non è privo di significato il fatto che il calo più marcato delle offerte di lavoro interessi le mansioni entry-level nei settori più esposti all'AI.
Questa situazione atipica può anche essere vista in maniera positiva, poiché una crescita solida senza creazione di posti di lavoro lascia intendere un forte aumento della produttività. Ci si può tuttavia interrogare sulla sostenibilità di questa esplosione degli investimenti informatici, principale motore della recente crescita, soprattutto perché prima o poi si porrà la questione della redditività di queste spese colossali. Inoltre, la concentrazione degli investimenti in un unico settore non necessariamente si diffonderà all'intera economia, mascherando così alcune fragilità sottostanti dietro a una crescita resiliente. Tra queste, quella dell'occupazione e, di riflesso, dei consumi.
Enguerrand Artaz, Strategist di La Financière de l'Échiquier
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