Gigi Beltrame
Dati e AI: oltre l'hype, le contraddizioni che ridefiniscono il futuro aziendale
Scrivere il libro "Dati & AI un matrimonio perfetto (quasi)" mi è servito per scoprire limiti e opportunità
Il binomio formato da dati e Intelligenza Artificiale (AI) rappresenta oggi la forza più trasformativa mai generata dall'umanità, ma porta con sé profonde contraddizioni che richiedono un'analisi critica. È questa la premessa del mio libro Dati e AI: un matrimonio perfetto (quasi), ovvero definire una bussola non per tecnici per comprendere e gestire l'impatto di queste tecnologie, andando oltre il mero "hype" che spesso le circonda. L'obiettivo è fornire strumenti per un approccio consapevole e basato sulla forza dell'umanità.
Il punto di partenza del volume è una disillusione necessaria: i dati, nella loro apparente oggettività, hanno alimentato l'illusione di poter comprendere e controllare la realtà. La frenesia di accumulare dati ha portato a confondere la raccolta con la vera comprensione, l'accumulo con la saggezza. Un singolo dato, isolato e privo di contesto, è definito come un orfano: un'eco senza voce che acquista significato solo quando contestualizzato e messo in relazione con altri elementi, trasformandosi così in informazione. Poiché la realtà umana è ambigua e ricca di sfumature non quantificabili, un'AI alimentata da dati isolati rischia di replicare e amplificare pregiudizi e modelli esistenti. Senza una nuova "grammatica" che integri l'analisi dei dati con l'interpretazione umanistica e la saggezza etica, l'AI si limiterà ad accelerare la riproduzione di schemi che andrebbero invece superati.
La visione che "i dati sono il nuovo petrolio" è fuorviante. Sostengo con forza che i dati possiedono "superpoteri" che li rendono superiori. A differenza delle risorse fisiche che si esauriscono, i dati sono un bene non-rivale e non-depletivo. Possono essere utilizzati simultaneamente in molteplici contesti e il loro consumo tende a generare ulteriori dati. Questa natura progenitiva conferisce ai dati un valore inestimabile. Per questo, si propone di abbandonare la mentalità del minatore in favore di quella dell'alchimista. La monetizzazione non dovrebbe tradursi in un baratto superficiale, ma in un processo di creazione di valore interno, detto monetizzazione indiretta, attraverso l'aumento dell'efficienza dei processi, la riduzione dei rischi o la creazione di prodotti più intelligenti. Il valore reale si misura nella resilienza, nell'innovazione e nella crescita futura, superando il guadagno immediato derivante dalla vendita del dato grezzo. La gestione di questo asset strategico richiede disciplina, adottando l'Infonomics, un approccio che misura le caratteristiche di qualità, la base dei costi e il contributo ai ricavi dei dati. La qualità dei dati non è un'opzione, poiché ignorare problemi come il Drift (la deriva dovuta all'obsolescenza) o il Bias (la distorsione da distribuzione non rappresentativa) compromette l'affidabilità dell'AI.
Prima dell'avvento del cloud computing, l'AI era un sogno limitato dalla necessità di ingenti potenze di calcolo. Il cloud ha democratizzato l'accesso a questa potenza, ma ha anche scatenato l'AI in un ambiente caotico di dati frammentati e incoerenti. Questo porta i data scientist a dedicare fino all'80% del loro tempo alla "pulizia" digitale e alla manutenzione infrastrutturale. Per superare questa inefficienza non è necessaria più potenza bruta, ma più intelligenza alla base. Si propone l'evoluzione verso piattaforme dati auto-gestite, auto-protette e auto-riparanti, come l'Autonomous Database, che liberino le energie cognitive per la vera creatività. Su questa base solida si innesta la potenza dell'AI Generativa (GenAI). La GenAI, tramite i Foundation Models pre-addestrati, consente di creare contenuti unici e personalizzati su vasta scala. Le aziende possono sfruttare questa capacità con tecniche come il fine-tuning (per insegnare all'AI il linguaggio e lo stile aziendale) o il Retrieval-Augmented Generation (RAG), che combina la conoscenza generica del modello con informazioni aziendali specifiche e aggiornate. Tuttavia, credo che sia importante porre un limite cruciale al RAG, definendolo un "recupero glorificato" che crea un'AI bibliotecaria o consulente esterno, capace di rispondere ma non di agire. Il RAG migliora l'interfaccia uomo-macchina, ma non ridisegna l'intera macchina aziendale.
La vera frontiera è la Mission-Critical Platform (MCP). L'MCP rappresenta un cambio di filosofia, in quanto non si limita a informare, ma agisce. In un'architettura MCP, l'AI è integrata direttamente nel database, interagendo con i dati, ereditando la capacità di eseguire transazioni e modificare lo stato del mondo reale. Questo trasforma l'insight in un'azione concreta e irreversibile, elevando l'AI da "turista" a "cittadina" all'interno dell'organizzazione.
L'aspetto etico è un pilastro fondamentale, non un optional. Con l'aumento della dipendenza dall'AI, l'etica deve essere al centro di ogni strategia. Vengono evidenziati principi irrinunciabili: trasparenza (spiegabilità degli algoritmi), responsabilità (accountability), equità (mitigazione dei bias ereditati dai dati storici) e sicurezza. Un uso eccessivo dell'AI per scrivere o sintetizzare può ridurre la memoria a lungo termine, la creatività e la motivazione all'apprendimento attivo. Per questo, mantenere l'human-in-the-loop è essenziale. L'AI eccelle nell'elaborazione dei dati su larga scala, ma il giudizio umano rimane prezioso per contestualizzare i risultati, gestire situazioni complesse e dare l'autorizzazione finale.
Affrontare queste sfide richiede una strategia chiara e un team multidisciplinare. L'orchestra di competenze deve includere non solo Data Scientist (compositori dei modelli) e Data Engineer (architetti dell'infrastruttura), ma anche figure di congiunzione come i Business Analyst e gli esperti di AI Ethics. Il loro ruolo non è solo tecnico; devono possedere competenze di comunicazione per tradurre i numeri in narrazioni significative per il business e una solida consapevolezza etica e dei rischi.
Infine, l'impatto. Non è possibile navigare alla cieca, guidati solo dall'entusiasmo. È fondamentale definire Key Performance Indicators (KPI) allineati agli obiettivi di business e misurare accuratamente il Return on Investment (ROI) delle iniziative Data & AI. Misurare l'impatto non è un onere, ma un atto di responsabilità strategica, che implica tracciare costi (personale, infrastruttura, formazione) e quantificare benefici (aumento dei ricavi, riduzione dei costi operativi, fidelizzazione dei clienti). La misurazione, supportata da strumenti di Business Intelligence e A/B testing, alimenta un ciclo di miglioramento continuo. Il valore dei dati e dell'AI è immenso, ma solo il valore misurato è valore dimostrato e riconosciuto. L'invito finale è a usare dati e AI per esplorare il futuro, adottando un approccio scettico e critico, rifiutando la tirannia della metrica fine a se stessa. Dare ai dati un senso e delle radici è l'unico modo per sfruttarne appieno il potenziale.
Il libro Dati e AI: un matrimonio perfetto (quasi) offre una road map, un percorso strutturato per tradurre la teoria in azione concreta, definendo obiettivi, valutando lo stato attuale (il modello POTI), gestendo i rischi e costruendo il consenso.
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