La ricerca rileva anche che, mentre l\'industria high-tech nel suo complesso ha mostrato quest\'anno, fino al 31 agosto, prestazioni al di sopra degli indici di mercato in termini di capitalizzazione di mercato (esclusi i dividendi), ad esclusione di una sola azienda - Apple Inc., la crescita della capitalizzazione dell\'industria è salita di solo il 6% nello stesso periodo. L\'analisi prende in considerazione le medie dell\'indice composito Nasdaq e di S&P 500 per tale periodo, cresciute rispettivamente del 16% e dell\'8%. L’analisi di AlixPartners fa emergere inoltre come per il periodo che va dal 2011 al 31 agosto di quest\'anno le aziende del quartile più redditizio (calcolato in termini di EBITDA) avevano il 73% di possibilità in più di registrare prestazioni al di sopra della media di S&P 500 rispetto a quelle nei quartili più bassi.
Urgenza di intervento : adozione di modelli “asset-light” e riduzioni dei costi generali (SG&A)
Lo studio mette in guardia sulla necessità per molte aziende del settore di ridurre urgentemente i costi, incluse le spese generali, e adottare modelli operativi “assetlight” (con basso impiego di capitale) in modo da riuscire a fronteggiare le molteplici sfide sul versante dei profitti, della redditività e dei dividendi per gli azionisti. In termini di impiego del capitale, lo studio rileva che mentre le medie industriali sui rendimenti ROCE (Returns On Capital Employed) sono rimaste invariate a circa l\'11% nei 5 anni precedenti, le aziende con modelli di impiego di capitale più efficiente, incluse molte aziende che operano in ambito software e Internet (per cui i livelli ROCE sono attualmente rispettivamente al 22% e 17%) continuano a mostrare rendimenti globali più alti. In contrasto, i settori “asset-heavy” (ad alto impiego di capitale), come l’elettronica di consumo e l’hardware (con livelli ROCE rispettivamente del 5% e dell\'8%), continuano ad essere messe alla prova.
Secondo lo studio gli operatori più di successo del settore tecnologico ricorrono in modo sempre più massiccio alla delocalizzazione della produzione e della “supply chain”, riducendo così il capitale impiegato, con l\'ulteriore vantaggio della riduzione del rischio e dell\'esposizione alle discontinuità tecnologiche. “L\'industria della tecnologia si sta progressivamente polarizzando diventando un\'industria del tipo “il vincitore pigliatutto””, afferma Piero Masera, managing director di AlixPartners. “Apple e altri attori di successo del mercato fanno la parte del leone nella crescita della capitalizzazione di mercato attuale per l\'intera industria. Le aziende con prestazioni inferiori dovranno cambiare radicalmente i loro modelli aziendali, come l\'adozione di strutture “asset-light”, per poter essere i vincitori e non gli sconfitti nello scenario futuro”.
Secondo l’analisi di AlixPartners, inoltre, i costi delle spese generali (SG&A), come percentuale del fatturato, sono saliti al 17% dal 2010 in settori quali i semiconduttori (più 17%), computer hardware (più 14%) ed elettronica di consumo (+4%). Per sperare di poter superare le attuali sfide future le aziende dell\'industria high-tech devono tagliare le spese generali di almeno 50 miliardi di euro a livello globale. Tale cifra rappresenta circa il 5% delle spese generali globali dell\'industria, o l\'equivalente di circa l\'1% dei ricavi dell\'industria. Inoltre, AlixPartners rileva che le aziende più in difficoltà, principalmente nei settori più penalizzati dell\'elettronica di consumo e dell’hardware per le telecomunicazioni, potrebbero dover tagliare le spese generali del 30% per rimanere competitive nell\'immediato futuro.
“Le aziende del settore tecnologico che cercheranno di rimanere profittevoli nelle difficili condizioni di mercato attuali, oltre ad intraprendere azioni decise sulle spese generali, dovranno anche ottimizzare e ridurre i costi dei processi produttivi”, continua Masera. “Un livello elevato dei costi generali era tollerabile nel periodo di sviluppo e crescita del settore, oggi questo livello di costi può essere tollerato solo da alcune aziende ancora molto profittevoli, ma per molte altre, se non per quasi tutte, tali spese non sono più sostenibili”.
Significative differenze per area geografica
In termini di area geografica, dallo studio emerge che i mercati europei mantengono la media di crescita delle vendite più bassa delle quattro macro-aree esaminate, il 3% rispetto a una media globale del 10% per lo stesso periodo. I rendimenti globali dell\'industria in Asia-Pacifico, Medio Oriente e Africa, e Nord-America nello stesso arco di tempo si attestano infatti in media rispettivamente su 12%, 12% e 14%. Le differenze tra le singole aree geografiche potrebbero ampliarsi ancora di più in futuro, sostiene AlixPartners, poiché le aziende nord-americane stanno mostrando una maggiore concentrazione nei settori più innovativi e redditizi dell’industria tecnologica, mentre quelle asiatiche continuano a rimanere focalizzate sui settori più tradizionali, ormai ridotti a livello di “commodity”, come l\'elettronica di consumo. Secondo lo studio, le aziende asiatiche hanno generato quasi la metà (49%) dei ricavi dell’industria hi-tech per il 2011, ma solo il 37% dell\'EBITDA. Le aziende nord-americane hanno invece generato il 33% dell\'EBITDA sul 30% di ricavi; per i paesi europei le cifre sono rispettivamente del 22% e del 17%, mentre per le aziende del resto del mondo dell’8% e del 4%.
Dall’analisi di AlixPartners si evince che le aziende nord-americane coprono oggi una quota di mercato molto rilevante per tre dei settori più redditizi dell\'industria: software, Internet e semiconduttori, rispettivamente al 79%, 68% e 60%. La società di consulenza internazionale ha rilevato anche come le aziende europee abbiano una quota di mercato maggiore nel settore dei servizi per le telecomunicazioni con il 33%, mentre le aziende asiatiche hanno una quota di mercato relativamente alta in quattro dei sei settori meno redditizi dell\'industria – elettronica di consumo, produzione per conto terzi, tecnologia multisettoriale e hardware, rispettivamente al 92%, 82%, 74% e 62%.
Lo studio afferma che le aziende americane in generale, con un margine EBITDA medio del 23% nel 2011, e le aziende europee, con un margine EBITDA medio del 27%, lo scorso anno sono state significativamente più redditizie delle aziende asiatiche, che hanno registrato un margine EBITDA medio di solo il 15% nello stesso intervallo di tempo.
Pressione sui bilanci
L’industria continua inoltre a subire la pressione degli alti livelli di debito. Il rapporto debt/equity in settori come quello dell’elettronica di consumo (guidato dalle recenti emissioni di debito per miliardi di dollari da parte di Sony e Sharp) e nel contract manufacturing (con in testa l’emissione di 8 miliardi di dollari di HonHai) sta aumentando fortemente. Allo stesso tempo la copertura del debito sta diminuendo in particolare nel settore dei semiconduttori (in cui la copertura è crollata da 23 volte gli interessi nel 2010 a 18 volte gli interessi nel periodo agosto 2011-luglio 2012) ed elettronica di consumo (in cui è scesa da 12 volte gli interessi nel 2010 ai meno degli otto attuali).
Come risultato, lo studio rileva che le aziende che generano più dell\'85% dei ricavi nel settore dell\'elettronica di consumo si trovano oggi ad affrontare il rischio di stress finanziario (la possibilità di insolvenza entro due anni, in caso di un mancato decisivo intervento): lo stesso vale per le aziende che generano più del 70% dei ricavi nel settore telecomunicazioni e per le imprese che danno origine a più del 65% dei ricavi nel settore hardware.
“Prevediamo che l\'attuale battaglia tra i sistemi operativi e i dispositivi mobili avrà conseguenze per l’intero settore sia a breve che a lungo termine, in particolare per i player europei che vanno dai semiconduttori agli operatori delle telecomunicazioni, dai produttori di apparecchiature per le telecomunicazioni all\'elettronica di consumo. Nel mercato attuale a crescita zero, i futuri vincitori dovranno al contempo saper innovare traendo il massimo del valore dagli investimenti e dalle spese in Ricerca e Sviluppo, spostandosi verso modelli aziendali “asset-light”, a bassa capitalizzazione e pertanto più agili, in grado quindi di rispondere meglio alle sfide future”, conclude Masera.
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