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_Febbraio2013

economia

Puo’ l’Abenomics ridare slancio al Giappone e consentire di superare la deflazione?

L’ulteriore stimolo fiscale e monetario dovrebbe sospingere la crescita nel breve termine, ma lo slancio nel lungo termine deve fare i conti con difficoltà strutturali

Il nuovo governo targato LDP guidato dal primo ministro Shinzo Abe intende fornire una spinta all’economia nipponica mettendo in campo un aggressivo stimolo fiscale e superando la deflazione presente da lungo tempo. Questo cambiamento di politica sembra, in via più generale, riflettere il desiderio di invertire la flessione secolare percepita del potere economico giapponese e della sua influenza regionale a fronte dell’ascesa della Cina. La recente escalation della disputa sulle isole Diaoyu/Senkaku è un riflesso della crescente rivalità nella regione Asia/Pacifico.

Possibile una spinta economica ciclica, ma dubbio il successo sul lungo termine
L’annunciato incremento della spesa pubblica di più del 2% del PIL, unitamente alle misure di allentamento monetario, ci ha spinti ad aumentare dello 0,6% la previsione di crescita per il Giappone nel 2013. I mercati finanziari sono rimasti inizialmente delusi dalle dimensioni limitate degli (ulteriori) “acquisti di asset illimitati” annunciati dalla BoJ, oltre che dall’assenza di una tempistica o di altri capisaldi per conseguire il target dell’inflazione (rivisto al rialzo).

Tuttavia, siamo dell’idea che potrebbero essere annunciati dei piani per ulteriori acquisti di asset una volta che il nuovo governatore della BoJ si insedierà ad aprile. Resta da vedere se il Giappone potrà uscire con decisione dalla deflazione. Per via delle problematiche demografiche del Giappone, il suo crescente indebitamento e la resistenza politica a una riforma strutturale, resta in dubbio anche una spinta sul più lungo termine alla crescita economica.

Dal nuovo tema della reflazione giapponese si evince che potrebbe persistere la debolezza del JPY
Pur nutrendo dei dubbi in relazione al fatto che la BoJ sarà in grado di ottenere i risultati richiesti sul piano della politica, il nuovo tema reflazionistico fa salire il rapporto rischio-rendimento sul cambio USD/JPY. Il recente trend di deprezzamento del JPY potrebbe pertanto persistere – anche se i nostri modelli non indicano più una sopravvalutazione del JPY. Perlomeno ci attendiamo che, a un rafforzamento significativo del JPY, faccia fronte una risposta più decisa della banca centrale. Ciò detto, l’intervento valutario diretto, comprendente un significativo acquisto di obbligazioni estere, è piuttosto improbabile per via della sensibilità alla politica estera.


Rivediamo al rialzo le nostre previsioni a 3M e 12M, a quota 92 e 94, dai livelli precedenti di 89 e 90. Tuttavia, per via delle posizioni corte speculative nette in JPY, che sono ancora sostanziali, oltre che dei rischi imminenti correlati a determinati eventi – tra cui il meeting del G20 di febbraio e il processo di nomina del nuovo governatore della BoJ – potremmo assistere certamente a dei guadagni transitori del JPY.

Esportatori nipponici di qualità con un buon potenziale al rialzo
Una politica più espansionistica, un indebolimento del JPY e dei flussi di fondi favorevoli dovrebbero ridurre ulteriormente il premio di rischio sulle azioni giapponesi. A livelli di break-even di USD/JPY 89–90, o più bassi, gli utili per gli esportatori dovrebbero migliorare. La nostra posizione complessiva sulle azioni giapponesi resta neutrale. Sul mercato, raccomandiamo esportatori giapponesi di qualità, tra cui Toyota, Honda e Bridgestone, che con ogni probabilità trarranno vantaggio dall’indebolimento del JPY e da un ripresa negli USA e in Cina. Favoriamo altresì i beneficiari di politiche di reflazione, in particolare le grandi banche come Sumitomo Mitsui Financial Group, Mitsubishi UFJ Financial Group, Mizuho Financial Group, e le società con rapporti di indebitamento elevati come Softbank.




Marcel Thieliant, Soichiro Matsumoto e Koon How Heng, analisti di Credit Suisse


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