È tempo di manager o di temporary manager?
Carella (Manageritalia): Solo da una forte sinergia tra imprenditori e manager troveremo la spinta per migliorare innovazione, produttività , competitività e organizzazione delle tante e virtuose PMI che ci possono ridare crescita e sviluppo
Negli ultimi tempi negli incontri con politici, imprenditori e cittadini, sento chiedere ai manager di contribuire a portare nel Paese in generale (anche nel modo di fare politica), ma soprattutto nell’economia e nelle aziende, innovazione, confronto con l’estero e quindi produttività e competitività . Giusto e sacrosanto. I manager, del pubblico e del privato, e chi li rappresenta, devono e vogliono farlo. E da parte nostra dobbiamo sicuramente migliorare su tanti fronti.

Ci vuole però anche un ambiente socio-economico che ce lo permetta. O meglio, che lo richieda veramente, con i fatti e non solo con le parole, e lo faciliti. Sul fronte della politica, slegando l’azione di indirizzo che le spetta, da quella di gestione, che spetta ai manager e nella quale non dovrebbe mettere più voce, se non attraverso il controllo. Quindi, scegliendo manager pubblici per competenze e meriti, valutandoli sui risultati e, soprattutto, non preferendo quelli che le sono più o meno fedeli e riconoscenti.
Sul fronte privato è invece indubbia la carenza di manager nell’economia e nelle aziende, ma ancora piuttosto labile è poi la volontà di utilizzarli veramente. Così si discute di costo - che stereotipando pochi eclatanti casi, si ritiene a torto eccessivo - e di flessibilità , che conoscendo poco le realtà contrattuali, si ritiene scarsa e invece c’è eccome. Un dirigente è sempre licenziabile, se e quando si rompe il rapporto di fiducia con l’imprenditore azionista, con dignitose, ma non esorbitanti, buonuscite. Anche qui gli stereotipi impazzano. Di moda è poi diventato oggi il temporary manager e qui l’anglicismo ci mette del suo.

Ora la figura del temporary manager nasce in UK e nel Nord Europa, dove chi finanzia le aziende (banche, finanziarie, fondi ecc.) vuole business plan seri e competenze capaci di implementarli. Qui nasce la figura del temporary manager, che altri non è che un manager con forte esperienza e competenza nella ristrutturazione di aziende e/o nello sviluppo di particolari mercati, azioni ecc. A questo l’azienda si rivolge per cogliere delle opportunità sul mercato, molto più che per risalire da una situazione negativa e evitare il fallimento, e che ritiene di utilizzare per un certo numero di anni finché non si è raggiuto l’obiettivo. A quel punto, quel manager, che avrà sistemato e/o implementato le cose e fatto crescere una valida squadra, spesso non ha più tanto da dare e può passare ad altre sfide. E l’azienda può camminare con le sue gambe, meglio con il suo management nuovo o fatto crescere. Prerogativa del temporary manager è pero una piena condivisione di intenti con la proprietà dell’azienda e, soprattutto, deleghe e poteri chiari per affrontare la difficile sfida di cogliere quegli obiettivi.
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