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10/09/2025

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L'AI non accende gli animi italiani: il distacco emerge in un nuovo studio sui lavoratori

Elena Falconi (ADP): la forza lavoro italiana mostra un'attitudine di distacco e scarsa emotività sull'impatto dell'AI nel prossimo anno

Un recente studio di ADP Research, intitolato "People at Work 2025", rivela un quadro inaspettato sull'atteggiamento dei lavoratori italiani verso l'intelligenza artificiale (AI). Solamente l'8% della forza lavoro italiana ritiene con convinzione che l'AI influenzerà positivamente le proprie mansioni nel prossimo anno. Questo dato si posiziona come il terzo più basso in Europa e risulta nettamente inferiore alla media globale del 17%, raccolta su un campione di quasi 38.000 lavoratori in 34 mercati, inclusi 1.117 in Italia.

A differenza della tendenza globale, dove l'indagine di ADP Research evidenzia un mix di emozioni contrastanti sull'AI, che vanno dalla fiducia nelle sue potenzialità alle preoccupazioni per la sostituzione dei posti di lavoro, in Italia prevale un marcato senso di distacco. La forza lavoro italiana mostra una percezione del cambiamento tecnologico più neutra o incerta, con un coinvolgimento emotivo e cognitivo inferiore rispetto ad altri Paesi.
Questo distacco si riflette in vari indicatori: l'8% dei lavoratori italiani teme una possibile sostituzione del proprio impiego da parte dell'AI, una percentuale poco al di sotto della media globale del 10%. Inoltre, solo il 9% ammette di non sapere come l'AI modificherà il proprio ruolo, il valore più basso registrato in Europa, confrontato con una media globale del 12%. Tali cifre suggeriscono una scarsa agitazione sia in termini di entusiasmo che di allarme.

Analizzando le fasce d'età, i lavoratori italiani tra i 27 e i 39 anni si rivelano i più coinvolti sul piano emotivo. L'11% di loro è fermamente convinto che l'AI avrà un effetto positivo sul proprio lavoro, mentre un 13% esprime timore per una possibile sostituzione o incertezza riguardo al futuro. Al contrario, le categorie più mature, in particolare quella tra i 40 e i 64 anni, mostrano il maggiore distacco: solo il 7% di questi lavoratori ha manifestato una posizione decisa su uno qualsiasi degli aspetti indagati.
Considerando le professioni, i cosiddetti "knowledge worker" ? categoria che comprende figure come programmatori, accademici e tecnici ? sono maggiormente inclini a credere nell'impatto positivo dell'AI sulle loro mansioni e, contemporaneamente, nutrono i maggiori timori di essere sostituiti. Anche in questo segmento, tuttavia, l'Italia evidenzia un atteggiamento più moderato: solo il 12% di questi professionisti italiani è pienamente concorde sull'impatto positivo dell'AI, a fronte del 24% globale, e il 10% si dice preoccupato di venire sostituito, contro il 13% su scala mondiale.

"L'impatto dell'AI non è solo un cambiamento tecnologico, è anche un cambiamento emotivo per le persone in tutto il mondo", ha affermato Elena Falconi, HR Director Southern Europe di ADP. Ha aggiunto che, sebbene molti lavoratori vedano l'AI come un motore di innovazione positiva, questa trasformazione genera anche incertezza. Le aziende che sapranno comprendere e gestire questo scenario emotivo, chiarendo l'impatto dell'AI e fornendo formazione sugli strumenti emergenti, saranno le meglio posizionate per sfruttarne il pieno potenziale e forgiare una forza lavoro resiliente e pronta alle sfide future.
In sintesi, i risultati delineano una forza lavoro italiana che guarda all'evoluzione dell'AI con una moderata attenzione, ma senza manifestare né un entusiasmo marcato né un allarmismo diffuso. Diventa cruciale per le aziende creare le condizioni affinché i propri dipendenti possano adattarsi e prosperare in un panorama lavorativo in rapida trasformazione.


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